Il concetto di ‘inclusione’



“Inclusione” è una parola ricca di significati e che principalmente riguarda includere qualcosa all’interno di un gruppo; se guardiamo al significato di questa parola dal punto di vista sociale, possiamo notare come il concetto diventi ancora più ampio. In ambito sociale, infatti, l’inclusione riguarda un senso di appartenenza e il sentirsi accolti da un gruppo di persone, una società o un’istituzione. A questo concetto automaticamente si collega il suo opposto, ovvero l’esclusione, che deriva dalle differenze individuali a causa delle quali una persona o un gruppo può essere escluso dalla società, ad esempio razza, sesso, religione e disabilità. Per tale motivo il concetto di inclusione riguarda anche l’eliminazione di qualsiasi discriminazione e il rispetto nei confronti di qualunque diversità.

Le diversità implicano l’esigenza di una normalità integrata, ovvero qualcosa che coniughi tutte le differenze individuali: normalità come uguaglianza di valore.

Alla normalità si deve dare un primo significato come identità dei diritti: normalità come pari valore di ognuno, uguaglianza di diritti, a prescindere dalle condizioni personali, sociali, ecc.”. Tuttavia, il bisogno di normalità non vuole negare la diversità, ma vuole accettarla e includerla come un valore capace di rendere migliore la società. Considerare le diversità come parte integrante della società significa creare un unico gruppo di appartenenza: ciò crea coesione e limita la creazione di sottogruppi e la possibilità di esclusione, producendo vicinanza, autostima e calore. “Se io sono nella normalità, se vi partecipo, anche se con modalità tutte mie, mi sento bene perché sento di partecipare a uno stereotipo positivo, vengo visto, giudicato nella normalità e riconosciuto nella mia normalità essenziale”.

L’inclusione implica una richiesta di cambiamento e l’apertura mentale nei confronti del diverso, che diventa fonte di ricchezza e di accrescimento. L’inclusione opera attraverso la creazione di contesti inclusivi e sfida l’utilizzo di un linguaggio normativo che preclude le differenze individuali, coinvolgendo molteplici piani, tra cui la scuola e le normative. Tuttavia, inclusione non significa semplicemente includere e “mettere dentro” un contesto, ma deve comportare la trasformazione del contesto stesso: è il contesto che deve diventare inclusivo, coinvolgendo il diverso. Il concetto di inclusione diventa, pertanto, un processo che riguarda la costruzione di contesti accessibili a tutti.

Nel corso dell’ultimo secolo sono stati compiuti numerosi progressi relativi all’inclusione anche dal punto di vista normativo: due tappe importanti sono la Convenzione di New York del 2006 e la legge quadro sull’handicap.

La Convenzione rappresenta un documento internazionale volto a garantire le stesse opportunità a tutti, con la conseguente eliminazione di qualsiasi fattore che può essere fonte di discriminazione o ostacolo, facendo in modo tale da includere la disabilità come parte della diversità umana.

La legge 104/92, invece, è incentrata sulla persona e sulle sue difficoltà lungo tutta la sua vita e prevede una serie di strumenti, interventi e modalità che la aiutino nella sua integrazione all’interno della società.

Potrebbe essere utile fare una breve distinzione tra inserimento, integrazione e inclusione, che sono strettamente correlati tra loro, ma che esprimono sfaccettature diverse dello stesso concetto.

  • Inserimento: riguarda il diritto delle persone con disabilità ad avere un posto all’interno della società e di qualsiasi contesto; l’inserimento è strettamente collegato all’aspetto normativo, in quanto chiunque ha il diritto di essere inserito, ad esempio, nel mondo del lavoro o a scuola.
  • Integrazione: riguarda tutti quei processi che rendono la persona membro di una società e parte integrante di essa; l’integrazione della disabilità si basa sul rispetto dei bisogni educativi personali, attraverso la qualità degli interventi. In questo caso risulta fondamentale la legge quadro sull’handicap.
  • Inclusione: è un’estensione dei concetti di inserimento e di integrazione, attraverso cui la persona entra a far parte della società con gli stessi diritti e opportunità degli altri, all’interno di un contesto che riformula le sue regole tenendo in considerazione le specificità di ciascuno. Su questo concetto si basano i documenti internazionali, come la Convenzione del 2006.

Purtroppo, è ancora attuale il fenomeno dell’esclusione, la quale può assumere varie forme. Possiamo incontrare fenomeni di macro-esclusione, ad esempio l’inserimento all’interno di classi e scuole differenziali, oppure fenomeni di micro-esclusione, cioè forme di esclusione più sottili e difficili da individuare che non permettono l’appartenenza completa al contesto. Di conseguenza, raggiunto un certo grado di inclusione, bisogna comunque essere cauti, poiché questa potrebbe indebolirsi col tempo e permettere l’infiltrazione di forme di esclusione e discriminazione.

Infatti, nonostante i progressi, all’interno di contesti apparentemente inclusivi, esistono ancora queste micro-esclusioni. L’integrazione, a volte, avviene soltanto sulla carta, a causa di una mancata conoscenza del fenomeno e di una scarsa formazione della società sulla diversità e sulla disabilità: ad esempio, in ambito scolastico, l’applicazione del PEI – Piano Educativo Individualizzato – è problematica a causa della scarsa messa in atto di interventi e strategie e gli stessi insegnanti, specialmente quelli di sostegno, sono insoddisfatti.

Inoltre, ancora oggi prevale l’uso di una terminologia dispregiativa e che tende a identificare e distinguere le varie categorie; tali termini vengono tuttora utilizzati dai media ma anche all’interno di alcuni contesti e luoghi pubblici. Ancora, prevale una mentalità etichettatrice che evidenzia la patologia piuttosto che l’individuo, rimanendo legata ai modelli nosografici dei manuali ICD e DSM. Nonostante questi strumenti siano fondamentali, specialmente per la diagnosi, bisogna anche utilizzare un approccio fenomenologico che si concentri sul soggetto singolo e non solo sul disturbo.

Ampliare la nostra visione e allontanarci un poco dall’ottica categoriale non vuol dire banalizzare i problemi. È importante infatti intervenire sulle diversità, ma facendo anche in modo che diventino un valore di conoscenze per tutti. Un contributo in questa direzione è fornito dalla pedagogia speciale, la quale ha l’obiettivo di valorizzare le differenze individuali e di procedere verso integrazione e inclusione. La diversità diventa una ricchezza e lo scontro con le differenze individuali è qualcosa all’ordine del giorno, che diventa ordinario e non più straordinario. Proprio per questo, il diverso non può essere ignorato e evitato, ma vengono trovate delle strategie per affrontarlo, grazie al contributo della pedagogia speciale. L’intervento sulle diversità ha ripercussioni non solo sulla persona e sulla sua patologia, ma investe tutto il contesto e l’ambiente circostante. Proprio per questo risulta fondamentale il coinvolgimento di tutti e, quindi, l’importanza dell’inclusione.

L’intervento per essere inclusivo deve modificare le possibilità di vita, garantendo autonomia e libertà, anche attraverso una migliore comunicazione. “La necessità di inserire la persona con disabilità in attività di vita sociale, scolastica e professionale, non deriva unicamente dalla constatazione che si tratta di un’istanza etica e di giustizia sociale: se è una persona è doveroso offrirle l’opportunità di vivere con gli altri”.

È importante interessarsi all’inclusione in tutti i contesti, ma soprattutto è imprescindibile una partenza dal sistema scolastico. In questo caso, inclusione significa mettere in pratica ciò che dice Maria Montessori, ovvero che l’educazione o è per tutti o non è educazione.